Testo estratto dal libro
“Da Julianicus a Zianigo”: La pieve di S. Maria di Zianigo di Giulia Reitani
LA STRUTTURA ARCHITETTONICA
L’esterno
La chiesa presenta l’orientamento rituale da est a ovest, con l’abside a est. La pianta è irregolare; la realizzazione di due grandi cappelle ha creato una sorta di transetto, trasformando la pianta basilicale in una a croce latina. Sono originali, nella forma e nelle proporzioni, solo la parte inferiore dell’abside, dove restano tracce di merlature, archetti pensili e decorazioni a losanga, di cui si è già detto, e in parte il muro esterno della navata a nord, dove è visibile l’impronta di una precedente costruzione, riscontrabile alle spalle della cappella della Madonna.
La facciata
La facciata è semplice e lineare, ha un solo ordine, realizzato in verticale, per dare maggiore slancio all’edificio. La parte centrale, più alta, è conclusa da un frontone semicircolare molto rilevato, sottolineato da una modanatura sporgente e raccordato alle zone laterali tramite due volute. Il piccolo portale centrale, rettangolare, è incorniciato e sormontato da un timpano curvilineo, che richiama l’andamento del frontone, da un’iscrizione con la dedicazione alla Natività della Vergine e da un piccolo rosone con raggiera marmorea a dodici punte. La decorazione degli spazi, compresi tra le lesene, è affidata a due statue a tutto tondo, dell’Immacolata e di San Giuseppe, collocate dentro due nicchie simmetriche, mentre altre due statue, di Sant’Antonio e di San Valentino. Le statue sono opera del Donazzon. Ci sono altri due ingressi sulle testate delle cappelle laterali, rientranti rispetto alla facciata ma sempre sul lato ovest, e non lungo i fianchi, come di consueto. Sono stati aperti nel 1928 ed hanno portali in marmo eseguiti nel 1937 dal vicentino Vittorio Grassi. L’effetto complessivo è di semplice eleganza e di sobria imponenza.
L’interno
Internamente la chiesa si presenta a unica navata rettangolare, lunga 26,50 metri e larga 12, e termina con il presbiterio, con volta a padiglione, che si innalza su base quadrangolare. A questo si accede attraverso una grande arcata, salendo due gradini su cui poggia una balaustra a pilastrini che delimita la parte riservata al clero. Il presbiterio, sia per lo stile settecentesco, sia per le proporzioni ridotte rispetto alla chiesa, la quale ha subito, come si è detto, due ingrandimenti nel 1895 e nel 1926, è “una piccola testa in un grande corpo”. Le pareti sono scandite da dieci semicolonne, con capitelli compositi e posati su alti basamenti, che arrivano fino al soffitto, sottolineato da una fascia continua, quasi una cornice, a stucco.
Altre semi colonne e lesene sorreggono, invece, un secondo architrave, più basso, che si interrompe per dare spazio a grandi archi che si aprono sulle nicchie che accolgono gli altari e il battistero, o sottolineano gli accessi alle due cappelle che si aprono alla fine delle pareti, formando una specie di transetto. Queste ultime arcate poggiano su due coppie di colonne in pietra bianca di Nanto, monolitiche, con grandi capitelli compositi, progettate dall’architetto Santinello di Padova. La decorazione comprende anche lesene, semicolonne e semipilastri più piccoli. L’illuminazione dell’ambiente è data da quattro finestre, con vetrate, eseguite nel 1924; altre quattro sono state tamponate, (rimane una cornice in stucco che ne delinea la forma), in occasione della costruzione delle due cappelle laterali; queste ultime sono illuminate ognuna da una grande finestra semicircolare e da una più piccola circolare. Il soffitto, a 13 metri di altezza, è decorato da un affresco di Giandomenico Tiepolo e da un prolungamento di esso, effettuato dopo l’allungamento della chiesa, a fine Ottocento, dal giovane Ugo Collavo che aveva progettato la nuova facciata.
Sulla controfacciata, si eleva una pregiata cantoria del Settecento, con struttura a terrazzino in legno, a movimento ondulato, retta da travi portanti che posano su colonne marmoree con capitelli dorici. In questo spazio è stato collocato l’organo, a cui si accede tramite una scaletta a chiocciola in legno.
Le cappelle, gli altari
La chiesa presenta oggi, oltre al presbiterio, cinque cappelle di dimensioni diverse alzate su gradini, di cui due con balaustra, e cinque altari; le prime furono costruite negli anni venti – cinquanta del Novecento, i secondi sono tutti in stile tardo barocco, autentici. Entrando in chiesa, presso l’ingresso principale si trovano due acquasantiere in marmo di diverso colore e fattura; quella a destra è la più antica e probabilmente risale al XV secolo.
Cappella del Crocifisso
La prima cappellina a destra, per chi entra, è una semplice nicchia, non molto grande e priva di decorazione, a cui si accede attraverso due basse transenne in marmo; racchiude l’altare del Crocifisso, che risale al XVI secolo. L’Agnoletti lo menziona come Altare dei Battuti o delle Anime. L’altare è barocco ad urna, con un piccolo clipeo marmoreo con croce, ha due colonne corinzie in marmo grigio, che reggono un timpano aggettante con cornice dentellata spezzata, recante al centro un piccolo teschio, in marmo bianco, che simboleggia la morte. Nel vano dell’altare sopra la mensa, in una cornice di marmo nero, campeggia una tela, di medie dimensioni, che rappresenta Cristo crocifisso, tra la Vergine addolorata e San Giovanni di Lattanzio Querena (1768 – 1853) .
Crocifisso in legno
Procedendo sulla parete destra, si può notare una piccola rientranza della parete, rialzata di due gradini, che manca di altare e che racchiude un grande Crocifisso in legno, riproduzione di quello della cittadina spagnola di Limpias, opera del 1913 dello scultore atesino Ferdinand Stuflesser. Ai piedi della croce è stato recentemente posato un dipinto ad olio, rappresentante Santa Bakhita, suora canossiana, cara ai zianighesi. E’ opera del 1999 di Bruno Bonaldi.
Cappella del Sacro Cuore di Gesù
Sempre a destra, si apre poi la grande cappella del Sacro Cuore di Gesù, costruita su disegno di Antonio Beni, nel 1926, e decorata, nel 1937, dai fratelli Giacomelli. Sul soffitto, un dipinto su legno di Gino Borsato del 1937, che rappresenta il Sacro Cuore che riceve il sacrificio del soldato caduto durante la Prima Guerra Mondiale, a ricordo del voto del popolo di Zianigo, che affidò al Cuore di Gesù i propri soldati partiti per la guerra. Nella cappella si trovano due pale, di notevole fattura, una cinquecentesca, con la Madonna in trono tra Santi, di Giovanni Mansueti, e una, di piccole dimensioni, con la Madonna che appare a Sant’Antonio, attribuita ai Tiepolo.
Presbiterio e altare maggiore
Superata la balaustra, si sale nel Presbiterio… In due grandi riquadrature, alla pareti laterali, sono inseriti due dipinti ad olio su legno compensato, di Suor Giuseppina Bressanin, copie della Natività di Correggio e dell’Ultima Cena di Rubens, posti qui nel 1939. Posato sulla parete di fondo è l’altare maggiore, barocco, ma rinnovato nel 1877 … Sul timpano siedono due angeli posti ai lati del tabernacolo del Santissimo, che reca sul retro la data del 1724. Sull’altare, in una cornice marmorea che reca sulla sommità due testine di cherubini, è posta l’immagine dell’Immacolata tra i Santi Giuseppe e Antonio da Padova, una tela attribuita a Lattanzio Querena, ma ripresa da Alessandro Revera.
Ai lati del presbiterio si aprono due porte per accedere nelle sacrestie; sulle pareti, in corrispondenza delle porte, si trovano due busti marmorei di San Pio X (1925) e del Beato Giacinto Longhin, e più in alto, due dipinti di Suor Giuseppina Bressanin del 1939, rappresentanti San Giovanni Bosco e San Gabriele dell’Addolorata. Altri due dipinti della suora, rappresentanti Santa Gemma Galgani e Santa Teresina del Bambin Gesù, si trovano sulla controfacciata ai lati dell’organo, in posizione speculare rispetto ai primi due.
Cappella di Sant’Antonio
A sinistra dell’altare maggiore si incontra l’altra grande cappella votiva, intitolata a Sant’Antonio da Padova. Ha anch’essa l’altare ad oriente e l’entrata a ponente, è nello stesso stile della prima con la decorazione dei Giacomelli e sul soffitto un dipinto su legno di Borsato, rappresentante Sant’Antonio che riceve le promesse di voto di due soldati. Una vetrata semicircolare e una circolare più piccola illuminano l’ambiente. L’altare è simile agli altri; tra due colonne si trova una nicchia con la statua di Sant’Antonio, in cartone romano (m. 1,50 x 0,75). Il Santo è raffigurato con l’abito francescano, il giglio, simbolo di purezza, e Gesù Bambino benedicente. Nella cappella è situata anche la pala di S. Francesco da Paola e altri Santi di Giandomenico Tiepolo.
Battistero
A metà della navata, sulla sinistra, si incontra la piccola Cappella del Battistero con il fonte battesimale in marmo rosa. Le pareti della cappella riportano scene affrescate, relative al Battesimo, con i due cervi alla fonte e la colomba dello Spirito Santo.
Cappella della Madonna
L’ultima cappella, la prima a sinistra entrando, è sopraelevata di due gradini e vi si accede attraverso un cancelletto in ferro battuto. E’ oggi dedicata alla Nostra Signora del Sacro Cuore. Il parroco Semenzin, che si era recato a Roma per l’anno santo, pensò “che sarebbe stata ottima cosa riattare in tal circostanza l’altare della Madonna”, ed acquistò un simulacro in cartone romano, alto m. 1,50, della Nostra Signora del Sacro Cuore di Gesù, che fu posto sull’altare il 16 dicembre 1900. Nel 1950, per volontà del parroco Volpato e dei fedeli, la cappella fu restaurata, ripavimentata con marmo d’onice del Carso, e rivestita di un mosaico, opera di Giulio Padoan, che rappresenta, su uno sfondo di tessere auree, l’Assunzione e l’Incoronazione di Maria. La gamma dei colori, le varie sfumature d’oro, le scelte iconografiche e la composizione figurativa richiamano i dipinti dei Tiepolo.
IL SOFFITTO
Sul soffitto, contornato da una cornice mistilinea in stucco, campeggia l’affresco di Giandomenico Tiepolo, ultimo impegnativo lavoro dell’artista, ormai settantaduenne, che, interpretando il titolo della dedicazione della chiesa, raffigura L’esaltazione della nascita della Vergine. L’ opera, datata 1799, come si legge a destra del cornicione, misura m.4,60 x 10,60. Con il prolungamento dell’edificio e il successivo crollo della facciata, si staccò la parte centrale, circa 4 mq., dell’affresco, che fu restaurato nel 1903 dal prof. Carlo Linzi, che ricostruì la figura del Padreterno. L’affresco è ricco di una simbologia che rievoca la grandezza e la missione della Madonna, ai fini del riscatto dell’umanità dal peccato, e che suggerisce il senso profondo del nascere, e quindi della Chiesa nascente.
CENNI STORICI:
Le origini della prima chiesa di Zianigo, dedicata alla Natività di Maria, risalgono a tempi antichissimi, di cui si è persa la memoria. Il messaggio cristiano si diffuse nell’impero romano, dopo la morte di Cristo, per opera degli apostoli e poi di predicatori, mercanti e soldati. La tradizione vuole che nella nostra zona sia avvenuta ad opera di San Prosdocimo, discepolo di San Pietro e vescovo di Padova, che fece conoscere la parola del Vangelo, convertì dal paganesimo molte persone, battezzò e diffuse il Cristianesimo.
Il primo dato certo lo troviamo nella bolla pontificia “Justis fratrum”, firmata a Signa il 3 maggio 1152, Papa Eugenio III, su richiesta del Vescovo di Treviso, Bonifacio, concedeva la protezione apostolica all’episcopato trevigiano e ne confermava i possessi, singolarmente enumerati; tra gli altri riconosceva, con un ruolo di rilievo sotto tale vescovado, la “plebem de Zulianico cum pertinentiis suis”. Una seconda attestazione è del 1199, quando il parroco di Zianigo, “Engefridus plebanus”, per diritto di anzianità e per importanza, era presente, in sostituzione di quello di Mestre, con i pievani di Castelfranco, di Cornuda e di Quinto, alla elezione e nomina del Vescovo Ambrogio. Altre notizie, a sostegno del ruolo di rilievo di questa pieve, sono relative all’anno 1297 quando la Santa Sede richiese un pagamento straordinario delle decime a tutte le pievi….
Il passaggio della terraferma dai Carraresi padovani alla Repubblica di San Marco determinò un periodo di tranquillità in tutto il territorio e permise, anche a Zianigo, uno sviluppo economico ed un aumento della popolazione, che nel 1467 raggiunse i 360 abitanti. I decani erano anche i patroni della chiesa …. furono loro, perciò, a fare richiesta al vescovo, a nome della comunità, di abbattere la vecchia chiesa e costruirne una nuova, più bella e più grande. L’occasione si presentò nel 1467. L’autorizzazione per costruire una nuova chiesa fu concessa, tredici anni più tardi, nel 1480, dal vescovo Giovanni D’Acri da Saona (1478-1485), e prevedeva “di edificarne un’altra, demolendo la vecchia fra due anni”. Non è chiaro il significato di questa frase, potrebbe indicare che dovevano passare due anni, prima di iniziare i lavori, o che la vecchia chiesa doveva essere abbattuta, solo due anni dopo la costruzione della nuova. In tal caso il sito poteva essere vicino, ma non lo stesso. La consacrazione della nuova chiesa avvenne dieci anni dopo, il 10 ottobre del 1490, e fu effettuata dal vescovo di Parenzo, Giannantonio Pavari, vicario generale del vescovo diocesano, Nicolò Franco, a cui era stato affidato l’incarico delle visite pastorali. La chiesa fu edificata nei pressi dell’antico forte dei Carraresi, abbandonato all’inizio del XV secolo; era semplice e sobria, in stile basilicale, a tre navate non molto sviluppate in altezza, con il soffitto in legno, a due spioventi con travi a vista, aveva forse un presbiterio con volta a crociera ed era dipinta esternamente con “buone pitture”. Nulla resta di questa chiesa, che è stata nei secoli successivi completamente modificata, ma si possono notare, ancora oggi, all’esterno, sul lato est, dove c’è l’abside, un timpano, merlature ed archetti, alcune decorazioni a losanga e le impronte di una apertura circolare e di una porta tamponate. Gli archetti sono ciò che rimane delle sporgenze in muratura che sostenevano il tetto prima che fosse innalzato, infatti le pietre che sporgevano sono state spezzate per allinearle al resto del muro.
Dal 1558 la chiesa ebbe anche un campanile; infatti la torre medievale, che faceva parte del complesso castellano, venne rialzata e adattata a torre campanaria, per volontà del pievano Gerolamo Superchio, che nel 1543 aveva già fatto costruire una grande casa canonica. Molto poco si conosce della storia e della chiesa di Zianigo fino al 1630, perché i registri dall’archivio parrocchiale, portati via per la disinfezione, dopo la peste di quegli anni, non tornarono più al loro posto. ……………… Gli abitanti di Zianigo trovarono conforto nell’aiuto di Maria, durante la tragica epidemia di colera, e la Madonna della Cintura rispose ai suoi figli con un miracolo. Il simulacro dal capitello fu portato in chiesa e, dal 1679, ogni anno ci fu una festa votiva, il 22 di agosto.
Dalla seconda metà del XVII secolo…si diffuse la tendenza ad ingrandire, restaurare e rinnovare le chiese. Anche alla chiesa di Zianigo, costruita nel tardo quattrocento, e ormai “pericolante dal tetto alle fondamenta”, furono apportate numerose modifiche, volte ad alzare la copertura, con sovrapposizioni e soprastrutture, che sostituirono, forse, il soffitto a cassettoni, e a rifare il pavimento. Nel 1724 furono eseguiti lavori al presbiterio e agli altari, infatti il tabernacolo dell’altare maggiore reca questa data. Un’iscrizione, riportata dal Fapanni, che era dipinta sulla porta laterale a destra dell’altare maggiore, ricordava che, il 4 luglio 1729, di domenica, vi fu la solenne consacrazione della chiesa. …… Lavori e ristrutturazioni più radicali …e l’ampliamento della chiesa si ebbero alla fine dell’Ottocento. Già dal 1887, quando il numero degli abitanti di Zianigo era salito a 1400, l’arciprete Domenico Tusitti (1851-1889), confortato dalle parole del vescovo, Giuseppe Apollonio, che aveva notato “l’angustia della chiesa”, aveva pensato ad un ampliamento, e il 10 giugno dello stesso anno, aveva presentato un progetto, di cui si conserva una piccola mappa, ma che non fu accettato. Il prolungamento della chiesa si poté realizzare solo otto anni dopo con il suo successore, il parroco, don Semenzin, a causa dell’aumento degli abitanti, che erano saliti a 1500 unità. La nuova facciata, iniziata nel 1908… i lavori si protrassero fino al 1915, vennero anche innalzate le arcate dei sette altari, vennero costruite due nuove finestre, fu rinsaldato con catene e ripulito il soffitto con l’affresco del Tiepolo, danneggiato durante i lavori, fu riparato e consolidato il tetto. Furono anche poste quattro statue sulla facciata, vennero acquistate molte suppellettili, fu arricchito il presbiterio con gli stalli del coro e con un baldacchino dorato. Nel 1910, furono acquistati due altari da dedicare al Sacro Cuore di Gesù, per iniziativa della Confraternita, e a Sant’Antonio, che vennero consacrati nel 1912 durante la visita pastorale di monsignor Andrea Longhin.
Un’altra profonda ristrutturazione della chiesa avvenne dopo la prima guerra mondiale, perché i parrocchiani fecero voto di costruire una cappella al Sacro Cuore di Gesù, in suffragio delle anime dei caduti, e una a sant’Antonio, per chiedere grazie per l’avvento della pace. Il corpo basilicale, che si riteneva troppo angusto, anche per la presenza di sei altari interni appoggiati alle pareti, fu ingrandito con la costruzione di due grandi cappelle laterali, a cui si accedeva tramite due archi a tutto sesto, sostenuti da quattro colonne in marmo bianco, alte cinque metri. ….. La chiesa fu riconsacrata nel 1928. Dopo l’ampliamento, misurava circa 500 metri quadrati. Negli anni venti, e nel decennio successivo, furono apportate altre modifiche…. La chiesa fu adornata anche con decorazioni effettuate dai fratelli Giacomelli e con dipinti di suor Bressanin. Tutti i lavori furono presieduti dal prof. Antonio Beni, responsabile della Commissione Diocesana d’Arte Sacra. Negli ultimi sessanta anni, sono stati eseguiti altri interventi di mantenimento, restauro e abbellimento, sia all’interno che all’esterno della chiesa, come la decorazione della cappella della Madonna, il risanamento del pavimento interno, l’isolamento e l’impianto di riscaldamento. Sotto la guida dell’attuale parroco, don Ruggero Gallo, sono stati realizzati altri lavori: il rifacimento delle travature e delle coperture del tetto, l’eliminazione della superfettazione edilizia sul lato nord, la ridipintura interna ed esterna, il restauro del sagrato, che hanno restituito decoro all’edificio e conferito stabilità e sicurezza al fabbricato. Lavori per proteggere e arricchire la chiesa sono ancora in progettazione ed in corso.
P.S.: il testo integrale è contenuto nel libro “Da Julianicus a Zianigo”.